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Bisogno di ordine e sicurezza
Il disordine e l’instabilità politica danneggiano gli affari, vedi il caso dei ciompi dello scorso episodio.
Perciò, gradualmente, nei comuni si sostituiscono i consoli e le assemblee cittadine con un unico governante: si rinuncia alla libertà in favore della sicurezza.
Poco a poco, il governante allunga il proprio mandato. A volte, e poi sempre più spesso, riesce a passare l’incarico al proprio figlio, fino a rendere ereditario il ruolo. Progressivamente il suo potere si estende anche alle campagne circostanti alle città. Si tratta di un processo lungo e non sempre facile.
A prendere il potere è un membro delle famiglie più nobili e antiche, oppure delle più ricche o, ancora, un avventuriero che ha straordinarie doti e intuizioni in tema politico. Per consolidare il proprio potere, solitamente, il signore paga delle cifre di denaro altissime a papi, imperatori o sovrani stranieri in cambio di un riconoscimento ufficiale.
In questo capitolo e nei prossimi parleremo di alcuni signori del nord e del centro della penisola. Non abbiamo spazio sufficiente per parlare di ognuno di loro, ma le loro storie sono simili in molti aspetti.
La famiglia Della Scala a Verona (città vicino a Venezia)
Mastino Della Scala è un veronese, non molto potente ma abbastanza ricco, perché proviene da una famiglia di mercanti di tessuti a cui gli affari vanno bene.
È esperto in politica perché ha avuto incarichi in altre città.
Nella sua città è amico del popolo e mantiene ottimi rapporti con la potente classe dei mercanti, di cui la sua famiglia fa parte da generazioni. È il difensore della pace e pone fine agli scontri tra guelfi e ghibellini.
Insomma: non è il tipico tiranno che si impone in modo violento, al contrario! Mastino si fa voler bene da tutti e aspetta che i suoi concittadini lo acclamino spontaneamente signore della città. Ciò avviene nel 1259.
Dalla propria posizione di potere, Mastino impone suo fratello Alberto come podestà di Mantova, altra città del nord.
I Della Scala sono ghibellini ma decidono di migliorare i propri rapporti con il papa, combattendo la setta càtara che vive a Sirmione. I càtari sono cristiani che vivono in povertà e in comunità, criticando il lusso del clero di Roma. Perciò sono odiatissimi dai papi.
Mastino manda suo fratello Alberto, gran condottiero militare, ad assediare la città di Sirmione (1276).
Mastino, come sempre moderato, tiene i càtari in prigione senza torturarli.
Pochi anni dopo, Mastino viene ucciso da alcuni nemici della sua famiglia.
Subito, il fratello Alberto arriva a Verona e fa strage degli assassini. Egli diventa il nuovo signore di Verona e, con tecniche molto più crudeli del fratello, riesce a mantenere la pace in città.
“L’atteggiamento pacifico ha portato mio fratello alla morte” pensa Alberto. Quindi, per distinguersi dal buon Mastino, porta i càtari prigionieri di nell’Arena di Verona e li fa bruciare tutti sul rogo.
Nome da… cani
Il figlio di Alberto ha un nome particolare: Cangrande. Il termine “cane” riprende forse il nome dello zio Mastino, che aveva portato la famiglia al potere: il mastino è una razza italiana di cani da guardia.
Il cane, nel Medioevo, era simbolo di fedeltà e lealtà mentre, al giorno d’oggi, dire che qualcuno “è un cane” non è un complimento perché equivale a dire “incapace”. (Per esempio “quell’attore è un cane” significa che è un attore terribile).
Ma torniamo alla nostra storia: secondo la leggenda, la madre di Cangrande, la notte prima di partorire, sogna di dare alla luce un enorme cane che riempie il mondo con i suoi ululati. E, in effetti, Cangrande diventa un politico famoso e ammirato.
Come molti signori dell’epoca, Cangrande spende un’enorme quantità di denaro per mantenere e sponsorizzare intellettuali e artisti. Pittura, scultura e letteratura non sono solo una manifestazione di ricchezza e buon gusto, ma sono anche un potente strumento di propaganda politica.
Cangrande e Dante
Il mecenate Cangrande accoglie anche Dante Alighieri quando, come abbiamo visto, il poeta scappa da Firenze perseguitato dai guelfi neri.
Dante è un guelfo bianco e Cangrande è ghibellino: i guelfi neri sono il loro nemico comune. L’Alighieri vive per anni alla corte di Cangrande e gli dedica la parte più importante della Divina Commedia: il Paradiso.
Nella lettera dedicatoria, Dante scrive:
«Al magnifico e vittorioso signore Cane Grande della Scala (…) il suo devotissimo Dante Alighieri, Fiorentino di nascita e non di costumi, augura una vita felice per lungo tempo, e perpetuo accrescimento della gloria del suo nome».
Niente di meno!
La storia di Cangrande in dettaglio: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cangrande_I_della_Scala
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Michele Baidas says
Dear Daniel,
It seems that my comprehension is improving. I like to read and listen for the pronunciation then read aloud to my cats. Then it’s time to just listen. No looking up anything but it seems today that the flow of the story was easier to follow.
Grazie mille!!
Daniel says
Good to hear, Michele. Hope the cats are learning, too.