Una nuova forma di governo (284 d.C.- 337 d.C.)
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Diocleziano e la tetrarchia
Nel 284 d.C. prende il potere l’ennesimo comandante straniero dell’esercito. Si tratta di Diocleziano, il quale proviene dalla Dalmazia, ha origini assai umili e ha fatto carriera nell’esercito. Ma Diocleziano non si comporta come gli ultimi effimeri imperatori.
Visti i tempi incerti, le sue prime mosse politiche sono volte ad assicurare il potere all’imperatore in carica. Egli sviluppa un sistema di gestione del potere più complesso, suddiviso tra quattro autorità imperiali e perciò chiamato tetrarchia, dal greco tetra (quattro) e archè (governo). Vi sono due imperatori in carica chiamati “Augusti” e due successori, chiamati “Cesari”, uno per ciascun Augusto.
Uno dei due “Augusti” governa la parte occidentale dell’impero e l’altro la parte orientale. Appena entra in carica, ogni Augusto deve scegliere un Cesare che lo aiuta a governare e sarà il suo successore. Inoltre Diocleziano stabilisce che l’imperatore venga venerato quasi come una divinità, sul modello orientale. Ogni Augusto ha dunque un successore già designato, è un semidio scelto dagli dei, davanti al quale ci si deve inginocchiare e, nel caso di rivolte, ha un potente collega a cui chiedere aiuto.
Costantino
Il sistema tetrarchico genera un decennio di guerre civili al termine delle quali emerge come unico Augusto un provinciale, nato nell’odierna Serbia, che appartiene ad una eminente famiglia. Il suo nome è Costantino.
Suo padre, prima di lui, diviene Cesare e poi Augusto e lo associa al potere. Costantino è un abile militare e, insieme a Licinio, marito di sua sorella Costanza, diviene Augusto. Tuttavia i festeggiamenti in famiglia durano poco: Costantino fa uccidere Licinio, Costanza e il loro figlio. Non contento, fa uccidere anche il proprio figlio primogenito e la propria moglie perché sospetta che abbiano una relazione.
Costantino e il cristianesimo
Secondo alcune fonti, Costantino diviene cristiano perché il cristianesimo è la religione del perdono e, dopo il massacro di buona parte dei suoi, l’imperatore ha bisogno di un dio misericordioso che gli permetta di lavare i propri peccati.
Secondo altri, invece, la conversione al cristianesimo è semplicemente una mossa politica: Costantino presiede ai concili dei vescovi in cui si stabilisce quale sia l’ortodossia, e ha quindi l’occasione di dichiarare eretici un gran numero di nemici politici.
Inoltre, probabilmente, Costantino ha visto in una religione unitaria e unificante l’occasione di rafforzare l’identità dei sudditi di un impero vastissimo e variegato. In effetti, persino la centralità della capitale, Roma, è messa in discussione in questo momento di grande cambiamento. Per sottrarsi al pressante controllo del Senato, infatti, Costantino decide di spostare (perché no?) la capitale ad una delle vecchie e gloriose città orientali: Bisanzio. Con la modestia che lo contraddistingue, la rinomina Costantinopoli (la città, polis, di Costantino).
La scelta di questa città ha un valore strategico: è vicina al limes orientale dell’impero e non distante dal Danubio, che delimita il confine a nord est. Costantino è infatti impegnato in un gran numero di guerre contro i barbari che fanno pressione sulle province più remote.
Per fronteggiarli, egli divide l’impero in tre zone e lo lascia in eredità ai suoi tre figli. È la prima volta che sorge l’idea di dividere il territorio dell’impero per amministrarlo meglio.
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