Il filosofo e il suo figlio gladiatore (169 d.C.- 192 d.C.)
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Marco Aurelio
Marco Aurelio è un filosofo e un filantropo. Odia i giochi del circo, inutili manifestazioni di violenza. Li riduce e vorrebbe proibirli del tutto, ma ciò è impossibile: il popolo romano esige panem et circenses (pane e giochi).
L’imperatore difende anche la libertà di parola, accettando che nelle commedie lo si prenda in giro, ed è assai clemente con i nemici personali. Proibisce la condanna a morte per gli assassini con disturbi mentali e la tortura per i cittadini liberi.
Cerca di migliorare la terribile condizione degli schiavi e facilitarne la manumissio, ovvero la cerimonia di liberazione da parte del padrone che “metteva la mano”, manu mittere, sulla testa dello schiavo per liberarlo.
Concede le più alte cariche amministrative a chi dimostra di meritarle, spesso si tratta di eruditi e filosofi come lui, e non in base al rango o alla nobiltà della famiglia dei candidati.
Nel 170 d.C. una coalizione di popolazioni germaniche si spinge fino nel nord dell’Italia e assedia Aquileia. I Germani mettono costantemente a repentaglio i territori settentrionali dell’impero e dunque, Marco Aurelio e le sue truppe, li affrontano per anni. Quando iniziano i lunghi scontri con i barbari del nord, l’imperatore non torna più a Roma e deve dedicarsi principalmente alla guerra e all’amministrazione delle zone calde del conflitto.
Commodo
Marco Aurelio è il primo imperatore dai tempi di Vespasiano ad avere figli maschi. Ne ha sette, ma muoiono tutti da bambini eccetto uno: Commodo. Marco Aurelio decide, quando è ormai anziano e sta combattendo i Germani sul Danubio, di associare il ragazzo al potere nominandolo Augusto. Siamo nel 177 d.C. e Commodo ha sedici anni. Per circa tre anni è imperatore insieme a suo padre fino a che Marco Aurelio muore, probabilmente di vaiolo (la peste antonina). Commodo è passato alla storia come un pazzo esuberante e imprevedibile. Dobbiamo però tenere presente che la storia ci viene raccontata in buona misura da personaggi appartenenti alla classe senatoria. E dunque, quando un imperatore è benevolo con il senato (Traiano, Adriano, Antonino, Marco Aurelio) viene tramandato come un benefattore e grande uomo di stato mentre, quando risulta poco simpatico al senato, si pensi a Caligola e Nerone, viene generalmente descritto come un folle megalomane. Commodo è senza dubbio uno dei princeps più odiati dalla classe senatoria. Anche perché, ossessionato dai complotti contro la sua persona, paga profumatamente qualsiasi informazione di spie e delatori, a proposito dei senatori che considera cospiratori. Appena prende il potere, distribuisce enormi donativi ai legionari ottenendo la fedeltà incondizionata dell’esercito. Fa anche grandi donativi al popolo, al quale regala spesso giornate di giochi del circo di cui, al contrario di suo padre, è un grande appassionato. È a tal punto fanatico dei giochi da procurarsi un maestro di lotta, Narcisso, che lo allena per i combattimenti corpo a corpo. Mai, prima di Commodo, si è visto un imperatore che lotta contro bestie e gladiatori. Commodo adora vestirsi con una pelle di leone (si fa chiamare Ercole) e combattere nell’arena davanti alla folla esaltata. Stermina gladiatori senza che nessuno riesca a ferirlo, ovviamente chi affronta l’imperatore riceve spade non affilate e scudi di cartapesta, e un gran numero di animali esotici.
Una volta, dopo aver decapitato uno struzzo, ne prese la testa e, mostrandola ai senatori, disse qualcosa del tipo: “Farò lo stesso con voi”.
Commodo organizza grandi orge ed ha relazioni sessuali con le sorelle. Inoltre rinomina l’assemblea del senato “Senato della Fortuna Commodiana” e l’esercito “Esercito Commodiano” assumendo un atteggiamento assolutista.
Insomma, per i senatori il comportamento dell’imperatore è aberrante sotto tutti i punti di vista. Dopo dodici anni di governo, Commodo viene ucciso da una delle numerosissime congiure organizzate contro di lui. Un gruppo di senatori paga Narcisso, l’ex gladiatore e istruttore di lotta, per eliminarlo fisicamente. Il piano riesce e il senato decreta la damnatio memoriae (vedi episodio 9) dell’odiato Commodo. Poco dopo, lo stesso Narcisso viene eliminato per non lasciare prove e si dichiara che il Cesare è morto per un colpo apoplettico.
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