Il dado è tratto
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Passare il Rubicone
A Roma c’è una legge inviolabile: prima di entrare in territorio italiano, delimitato a nord dal piccolo fiume Rubicone, nell’attuale centro Italia, i generali romani devono congedare le legioni. Perché? Beh, perché altrimenti stanno compiendo un’invasione armata contro Roma stessa!
Cesare arriva sulle sponde del Rubicone nel gennaio del 49 a.C.: il senato lo ha richiamato nella capitale facendogli notare che deve lasciare l’esercito in Gallia. Il condottiero, però, intuisce che l’aristocrazia romana comincia ad avere paura di lui e vuole eliminarlo. Adesso Cesare è al culmine del potere e della fama, quindi approfitta della sua posizione. Con le legioni in armi oltrepassa il Rubicone, dicendo: “Il dado è tratto”. Questa famosissima frase significa: ciò che è fatto è fatto, non si può più tornare indietro. Crasso, intanto, è morto in una guerra in Oriente e l’anziano Pompeo aspetta Cesare a Roma, ma non per dargli il benvenuto.
Cesare in Egitto
Inizia una nuova guerra civile in cui Pompeo e il senato vengono schiacciati da Cesare, sostenuto dai populares. Pompeo scappa in Egitto dove chiede aiuto al giovane faraone, il quale, invece, gli fa tagliare la testa. La fa poi consegnare a Cesare, sperando di ottenerne l’aiuto contro alcune rivolte interne. Cesare, invece, quando vede la testa del suo rivale e genero su un piatto d’argento, inorridisce. Questi Egizi sono dei veri barbari!
Cesare porta ordine in Egitto e fa sposare Cleopatra con suo fratello, il faraone Tolomeo XIII. Il consigliere del giovanissimo Tolomeo, assedia però Cesare e i suoi pochi uomini nel palazzo di Cleopatra fino all’arrivo dei rinforzi da Roma. Probabilmente, in questo periodo, Cleopatra rimane incinta di Cesare. Il loro figlio, Cesarione, non viene riconosciuto da Cesare e pochi anni più tardi farà una brutta fine.
Una volta liberato, Cesare converte l’Egitto in un protettorato. La terra dei faraoni, produttrice di grano, darà da mangiare ai Romani nei secoli a venire.
Cesare si reca a Roma e celebra, con un po’ di ritardo, grandi trionfi per le sue vittorie. Offre giochi e regala denaro al popolo, fonda colonie per i sottoproletari: la plebe lo adora. Continua i conflitti con i pompeiani fino a sconfiggere in Spagna gli ultimi ribelli. Riporta a Roma i figli di Pompeo in catene, e qui celebra il trionfo. È un evento scioccante. Infatti, i trionfi sono sfilate dove si umilia il comandante nemico, un barbaro, come Vercingetorige ad esempio. Mai prima di questo momento si è celebrato un trionfo su un altro cittadino romano!
Cesare dittatore perpetuo, imperatore e console
Nello stesso 49 a.C. Cesare si fa nominare dittatore per dieci anni. È anche più volte eletto console ed è imperator, che significa “comandante militare” (non “imperatore”). Rafforza le assemblee popolari e indebolisce il senato che, peraltro, riempie di uomini a lui fedeli. Riorganizza la burocrazia e il calendario: il mese di Luglio prende il nome da lui, Iulius. Poi concede la cittadinanza agli abitanti della Gallia Cisalpina, l’attuale nord Italia.
Passano cinque anni e un gruppo di una ventina di pretori e senatori cospira contro di lui. Tra loro c’è anche Bruto, il figlio di una delle amanti di Cesare. Alcuni sono cesariani delusi dal comportamento di Cesare, altri sono repubblicani che non vogliono un dittatore né un re. Lo circondano all’uscita di una riunione del senato e lo pugnalano. Le ultime parole di Cesare, secondo la leggenda, sono rivolte a Bruto: “Anche tu, figlio?” Poi, il grande condottiero si avvolge nel proprio mantello, per morire in modo composto e dignitoso.
Se vuoi approfondire il concetto di imperator, clicca qui: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Imperator
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