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Il Rinascimento, Episodio 26. L’Illuminismo all’Accademia dei Pugni

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Il 1700 è l’epoca dei lumi e, certamente, gli illuministi francesi Voltaire, Diderot, D’Alembert e Rousseau sono i più celebri al mondo. Anche nella penisola italiana, però, come in molte altre parti d’Europa, si verifica un’importante riforma del sapere in questa fase. Certamente gli illuministi italiani del 1700 non sono famosi come i loro colleghi parigini, ma molte vie nelle nostre città sono a loro dedicate e molte scuole e istituti portano ancora il loro nome.

I fratelli Verri

Il conte Pietro Verri è un illuminista e membro dell’alta nobiltà milanese. Egli è un brillante economista, filosofo e scrittore, in contatto con i più famosi enciclopedisti francesi. Suo fratello Alessandro è anch’egli un grande pensatore e scrittore, molto appassionato di teatro: è infatti il primo a tradurre Shakespeare in italiano.

L’Accademia dei Pugni

I fratelli Verri fondano un luogo di confronto intellettuale per gli uomini di cultura di Milano. In esso le discussioni sono così accese che si arriva quasi a picchiarsi per difendere le proprie teorie! Per questo il centro culturale dei Verri viene chiamato “Accademia dei Pugni”.

I personaggi che si riuniscono nell’Accademia pubblicano un giornale chiamato “Il Caffè”, una specie di manifesto culturale: gli illuministi milanesi difendono il progresso e l’amore per la conoscenza innovativa contro i vecchi intellettuali pedanti e amanti della tradizione.

L’Accademia e il Caffè sono favoriti da Maria Teresa d’Asburgo, che segue la politica dell’assolutismo illuminato. Ma, con la morte di Maria Teresa e la salita al trono di suo figlio Giuseppe II (1780), i riformisti milanesi perdono l’appoggio del potere centrale e cominciano a criticarlo.

Cesare Beccaria

Tra gli amici più cari dei fratelli Verri vi è un altro nobile italiano: Cesare Beccaria. Egli ha un carattere schivo e riservato, tenebroso e abbastanza taccagno. A sua difesa, c’è da dire che la sua vita non è stata facile: prima viene diseredato dal padre che non è d’accordo con il suo matrimonio, poi muoiono tre dei suoi quattro figli e anche sua moglie.

Cesare, praticamente senza un soldo, mette l’unica figlia superstite in un collegio e va a vivere a casa di Pietro Verri. Quindi si risposa, ma la nuova moglie gli mette le corna mentre lui è in Francia, a conoscere gli illuministi parigini. Quando sua figlia finalmente esce dal collegio, lo odia per averla praticamente abbandonata (e diseredata).

I Verri intanto, gli hanno dato una cattedra di economia politica nelle Scuole Palatine di Milano e, da qui, viene reclutato dagli Asburgo per far parte del Supremo Consiglio dell’Economia. “Sei diventato un burocrate! Dov’è finito il tuo spirito creativo?” gli gridano i fratelli Verri, delusi. Intanto sua figlia si sposa con un vecchio conte, ma poi ha una relazione con Giovanni, il fratello minore di Pietro e Alessandro Verri, da cui ha anche un figlio.

Un nipote illegittimo e una figlia al centro dei pettegolezzi sono proprio quello che mancava al nostro Cesare! Questo nipote è Alessandro Manzoni, sicuramente tra i cinque autori italiani più famosi di tutti i tempi. Della sua opera, i Promessi Sposi, abbiamo parlato qualche capitolo fa.

Contro la pena di morte

Ma ora torniamo a Cesare Beccaria: il suo nome è celeberrimo in tutta Europa perché, nel 1764, pubblica un saggio contro la tortura e la pena di morte, intitolato “Dei delitti e delle pene”. Convinti dallo scritto, sia la Zarina di Russia che il Granduca di Toscana aboliscono la pena di morte, e gli illuministi francesi lo esaltano come un capolavoro.

Il saggio, però, finisce quasi subito nell’Indice dei Libri Proibiti della Chiesa Cattolica perché Beccaria afferma che il reato è un attacco alla società ed è diverso dal peccato, che è invece un’offesa a Dio. In altre parole, non si può intervenire giuridicamente sulle intenzioni o sulla morale peccaminosa privata (come facevano i tribunali della Chiesa), ma solo sulle sue azioni illegali.

Uno dei passaggi più famosi dell’opera “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria: https://online.scuola.zanichelli.it/lezionidifilosofia/files/2010/01/U9-L07_zanichelli_Beccaria.pdf

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