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Tommaso Aniello, detto Masaniello, è un pescatore e pescivendolo napoletano del XVII secolo. Secondo alcuni studiosi è stato un personaggio losco, una sorta di mafioso del 1600, secondo molti altri è un patriota che ha combattuto per l’indipendenza e per la liberazione della sua terra dagli stranieri. Probabilmente nessuna di queste due interpretazioni è corretta. Cerchiamo di conoscerlo meglio.
Il pescatore
Masaniello è figlio di una massaia e di un pescatore e pescivendolo. Masaniello si dedica all’attività del padre e vende il pesce al mercato, ma non solo: compie una serie di attività illegali come il contrabbando. Introduce merci illegalmente nella città e porta i prodotti direttamente a casa dei ricchi compratori, per evitare di pagare le tasse.
Eh sì, le tasse! Sono loro il grande problema per gli abitanti del Regno di Napoli.
Il Regno di Napoli sotto gli Spagnoli
Come abbiamo detto nei precedenti capitoli, la Spagna è un impero ma, nel 1600, inizia la sua crisi: sta avendo problemi nella gestione delle Americhe, il Portogallo e la Catalogna stanno combattendo per l’indipendenza, la Sicilia si è appena ribellata e così pure le Fiandre.
Nelle situazioni difficili il re spagnolo fa aumentare le tasse ai viceré.
I viceré sono dei Ministri del re di Spagna che gestiscono un territorio per conto del monarca. Spesso arrivano in un territorio in cui c’è già un tessuto sociale complesso e dei potenti personaggi locali, e devono scendere a patti con essi. Nel caso di Napoli, il viceré assegna ai ricchi mercanti e banchieri locali proprio la riscossione delle tasse: i banchieri e mercanti napoletani sono degli intermediari, perché pagano in anticipo al governo centrale spagnolo tutta la somma richiesta e, poi, si dedicano personalmente a riscuotere le tasse dalla plebe (i lavoratori più umili).
Ma, come tutti gli intermediari, banchieri e mercanti non lavorano gratis, anzi! Nel 1647 aumentano persino la tassa sulla frutta, l’alimento di base della plebe.
È la goccia che fa traboccare il vaso: il 6 giugno un gruppo di popolani, capeggiati da Masaniello, brucia i banchi dei riscossori delle tasse, mentre la plebe napoletana inizia a insultare i notabili spagnoli e i ricchi napoletani.
Il viceré si barrica in casa perché ha paura di essere linciato dalla folla ma, quando la sua villa viene assaltata, è costretto a fuggire in un convento. La tensione cresce, le carceri vengono attaccate e aperte, mentre vengono date alle fiamme le case dei ricchi burocrati e banchieri che riscuotono le tasse.
Il braccio e la mente
Il braccio armato della rivolta sono i 120.000 uomini che operano nelle varie zone della città agli ordini di Masaniello, il pescatore. Dietro le quinte della sommossa, però, c’è Genoino, un prete giurista. È lui la “mente” della rivolta e scrive un documento con le richieste per gli spagnoli: riduzione delle tasse, rappresentazione politica per le classi sociali più basse e possibilità per i popolani di difendersi anche con le armi dagli attacchi dei nobili. Il documento verrà firmato dal viceré.
Riforma sociale o lotta agli invasori?
Masaniello e i suoi seguaci hanno un motto: “Viva il re di Spagna, muoia il malgoverno!” Questo ci fa capire chiaramente che, per i popolani napoletani, il nemico non è affatto la Spagna che ha invaso e occupato Napoli. Il nemico è il malgoverno e, cioè, la pericolosa combinazione del viceré, spesso personaggio senza scrupoli e spendaccione, e i ricchi e potenti burocrati napoletani che riscuotono le tasse e si approfittano in ogni modo del popolo. Quella di Masaniello non è affatto una rivolta contro gli invasori. È un tentativo di riformare la società.
La pazzia
L’11 luglio Genoino ottiene che il viceré firmi le sue richieste e Masaniello viene nominato “Capitano generale del fedelissimo popolo napoletano”. Da questo momento, Masaniello smette di indossare i suoi vestiti da umile pescatore e sceglie abiti raffinati, poi fa costruire un enorme palco davanti a casa sua, per tenere discorsi alla folla. Viene invitato dai nobili spagnoli a feste e riunioni, e mette a morte molti dei suoi nemici senza processo. “Si è montato la testa” dicono alcuni, “è impazzito” sostengono altri.
Masaniello comincia a essere un personaggio dispotico e imprevedibile. Perciò i nobili locali, gli spagnoli e molti suoi ex-amici tra cui Genoino, si mettono d’accordo e lo eliminano il 16 luglio, dopo poco più di un mese dalla sua comparsa sulla scena. Con la morte di Masaniello e poi l’incarcerazione di Genoino da parte degli spagnoli, il fronte popolare perde potere e le cose ritornano come prima.
Ecco un video: https://www.youtube.com/watch?v=Q4GfwVxrJbU&t=982s
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