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La vita degli operai e l’autunno caldo del 1969
Le terribili condizioni di vita e lavoro
Il programma di riforme del Centro-Sinistra si dimostra insufficiente e, nel 1968, cominciano le proteste dei sindacati e degli studenti. Le manifestazioni sono mosse dalla disperazione dei lavoratori ma anche dalla maggiore consapevolezza, ed hanno una forte base teorica.
I lavoratori delle grandi e numerose fabbriche del nord Italia vivono spesso in condizioni terribili. In molti casi sono emigranti che vengono dal centro o dal sud del paese in cerca di un lavoro. Questa gente arriva con un lungo viaggio in treno con una vecchia valigia in cerca di fortuna. All’inizio, molti di loro non hanno nemmeno una casa e, dopo una estenuante giornata di lavoro in fabbrica, vanno a dormire alla stazione dei treni, su dei banchi o dei gradini di pietra. Su molti annunci di case in affitto si legge “non si affitta ai meridionali” e, al nord, gli uomini e le donne del sud vengono chiamati “terroni”. È un modo dispregiativo per dire che sono gente ignorante capace solo di lavorare la terra (ancora oggi viene usato questo termine offensivo nei confronti dei meridionali).
In fabbrica gli operai che lavorano con materiali tossici non ricevono maschere né abbigliamento adeguato, quelli che lavorano nelle fornaci sopportano temperature elevatissime e i rumori delle macchine sono assordanti. Per sopravvivere alla giornata di lavoro molti si stordiscono bevendo vino.
I bassi stipendi non sono certo adeguati allo sforzo dei lavoratori che, viste le condizioni, sanno che probabilmente non sopravviveranno fino all’età della pensione. Nelle fabbriche ci sono i sindacati, ma questi non sono sufficienti ad ottenere un cambio radicale poiché cercano sempre un accordo con il padrone.
Il supporto degli universitari
Parallelamente, nelle università cominciano a entrare anche i figli degli operai che sviluppano una coscienza di classe e protestano contro il sistema. Gli universitari di Sinistra si uniscono ai movimenti di protesta operaia e danno una base teorica e linguistica alle proteste: parlano di diritti dei lavoratori e di oppressione di classe.
Le conquiste
Nell’autunno del 1969, chiamato “autunno caldo”, le manifestazioni diventano sempre più violente ma ottengono grandi risultati. Tra questi ci sono l’aumento delle pensioni, e l’uniformazione delle paghe tra operai del nord e del sud, oltre alla nascita del diritto al lavoro che si occupa delle irregolarità di contratti e condizioni, e allo “Statuto dei lavoratori”, il quale difende la libertà religiosa e politica, limita il controllo che il padrone può esercitare sul luogo di lavoro e dà la possibilità a chi non aveva finito le scuole di avere accesso facilitato alle lezioni. La scuola diventa infatti obbligatoria fino ai 13 anni.
L’Italia a metà strada
Le numerose manifestazioni, il cambio di mentalità dei lavoratori e gli scontri violenti attirano sull’Italia l’attenzione internazionale. Non dimentichiamo che la Guerra Fredda tra Comunismo e Capitalismo è ancora in atto e l’Italia è a metà strada: sta al confine tra il blocco comunista e quello capitalista, è alleata con gli Americani capitalisti ma il Partito Comunista Italiano (PCI) riceve in quegli anni un numero di voti molto più alto rispetto a tutti i partiti comunisti del blocco occidentale mentre, parallelamente, la Democrazia Cristiana supportata dagli USA perde consenso.
In questi stessi anni nascono forze terroristiche di estrema Destra ed estrema Sinistra che scuoteranno il paese creando un clima di grande tensione…
Link utili
Ecco una galleria di foto dei manifestanti durante l’autunno caldo:
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