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Il cinema neorealista
Nella fase finale della guerra, i bombardamenti americani distruggono Cinecittà, la piccola Hollywood voluta da Mussolini in cui si giravano i film italiani (vedi il capitolo della precedente serie per approfondire). Alla fine della guerra, dunque, non c’è un luogo apposito in cui fare le riprese cinematografiche ma, fra i registi italiani c’è grande voglia di esprimersi e mostrare al mondo cos’è successo in Italia, com’è diventato il paese, cosa sono stati per gli Italiani l’oppressione del fascismo, la resistenza partigiana e il conflitto, ma anche come si vive a guerra finita.
Le città sono devastate, piene di macerie, la gente è povera, molti vivono per strada perché non hanno più una casa, molti altri non hanno un lavoro e devono arrangiarsi per sopravvivere. È vero, Cinecittà è stata distrutta… ma tutta l’Italia si è convertita in un gigantesco set, assolutamente reale! Ed è anche piena di attori non professionisti: la gente comune sa interpretare se stessa meglio di chiunque altro. Nelle città e nelle campagne italiane vengono ambientati i film di una corrente nuova e italiana al 100%: il Neorealismo.
Il neorealismo, insomma, è una corrente cinematografica (ma anche letteraria) che mostra ai lettori e agli spettatori una serie di storie, di vite di uomini, donne e bambini durante e poco dopo la Seconda Guerra Mondiale. Di seguito parliamo di alcuni dei più celebri titoli.
“Ossessioni” di Luchino Visconti (1943)
Questo film apre la stagione del Neorealismo. È girato nel 1943, quando mancano due anni alla fine della guerra. Parla della tragica storia di due amanti che, dopo varie rotture e rincontri decidono di uccidere il marito di lei, per poter scappare insieme. Ma il destino non è dalla loro parte…
La relazione tra i protagonisti è carnale e scandalosa ed il film è girato in un’osteria, in un porto e per le vie di Ferrara e Ancona.
L’anno dopo l’uscita di “Ossessioni”, il direttore Luchino Visconti (partigiano e di tendenze comuniste) viene catturato e imprigionato dalla Banda Koch, un gruppo fascista guidato dal famoso Pietro Koch, uno spietato torturatore che, insieme ad alcuni compagni dava la caccia a partigiani e oppositori del fascismo. Ma Luchino è famoso e ha amici importanti e influenti quindi viene liberato.
Nel 1945, con l’arrivo degli alleati e la caduta del fascismo, Pietro Koch viene catturato e processato. Al processo il testimone fondamentale è proprio Luchino, che ottiene anche di poter riprendere in diretta, con la sua videocamera, la fucilazione di Koch.
“Roma città aperta” di Roberto Rossellini (1945)
Questo famosissimo film è ambientato a Roma nella fase in cui i nazi-fascisti occupano ancora la città mentre cresce la resistenza e l’azione partigiana. C’è una scena, in particolare, che tutti gli italiani hanno visto almeno una volta: il militante comunista e membro della resistenza partigiana Francesco viene catturato e caricato sul camion dai Tedeschi, mentre la sua innamorata Pina gli corre dietro disperatamente. Pina è interpretata da quella che è probabilmente la migliore attrice italiana di tutti i tempi: Anna Magnani.
Mentre il camion si allontana, uno dei nazisti le spara e Pina cade morta a terra. Il figlio di Pina, un ragazzino di dieci anni, corre a gettarsi sul corpo della madre morta mentre il prete e un suo aiutante cercano di placare il bambino che scalcia, urla e piange, e viene trascinato lontano dalla mamma.
“Ladri di biciclette” di Vittorio de Sica (1948)
La tragica storia tratta di un povero disoccupato, Antonio, che trova finalmente un lavoro come attacchino (una persona che attacca i manifesti) a Roma. Antonio è felice perché il lavoro gli permetterà di dare da mangiare a sua moglie e al suo figlioletto Bruno. Ma la sua bicicletta viene rubata e, senza bici, Antonio perderà il lavoro. Il protagonista e il suo bambino cercano in tutti i modi di rintracciare il ladro e recuperare la bici, ma è impossibile. Angosciato e con la paura di perdere il lavoro, Antonio prova a sua volta a rubare una bicicletta, ma viene subito visto e fermato dalla polizia. Bruno allora, si mette a piangere in modo così disperato da suscitare la compassione dei presenti e Antonio viene liberato.
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