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Lo sterminio degli Ebrei in Italia (1938-1945)
Una comunità integrata
Negli anni Trenta del 1900, la comunità ebraica è ben integrata in Italia: ha partecipato attivamente e con spirito patriottico al Risorgimento e alla Prima Guerra Mondiale, e ha ottenuto ruoli di prestigio nel giovane Stato Italiano che, in quel momento, ha pochi vincoli con la Chiesa Cattolica. La mentalità di quel tempo è tollerante e le leggi tutelano i diritti delle minoranze.
Nelle città italiane ci sono quartieri tradizionalmente ebraici con scuole ebraiche e sinagoghe, ma è anche vero che molti ebrei italiani non sono praticanti e non hanno vincoli con la propria comunità religiosa. Alcuni di loro partecipano all’impresa di Fiume (episodio della scorsa serie) e persino alla fondazione del Partito Fascista.
Il razzismo
Sí, certo, nelle colonie c’è la segregazione perché i neri sono considerati inferiori e, in Italia, i nomadi Rom e le etnie nemiche (Croati e Sloveni) sono solitamente mandati al confino… ma la stessa cosa viene fatta con gli oppositori politici che vengono processati dal Tribunale Speciale (ricordi il comunista Gramsci, isolato in carcere? Vedi episodio della precedente serie). Tutti questi “segnali”, dunque, non spaventano la maggior parte degli Ebrei italiani.
Quando, però, Mussolini si avvicina alla Chiesa (episodio della scorsa serie) e subisce la crescente influenza della Germania, le cose cominciano a cambiare. Nel 1938 viene pubblicato il Manifesto per la difesa della razza. È l’opera più assurda e scientificamente inconsistente mai scritta da un gruppo di scienziati italiani: non c’è nemmeno un concetto scientificamente o storicamente provato.
Le assurdità del Manifesto per la difesa della razza
Nel manifesto si afferma che esiste una razza italiana, così come esistono una razza francese, una razza turca, eccetera. La razza italiana è ovviamente (!) ariana perché gli ultimi invasori della penisola sono stati i Longobardi, mentre gli invasori arabi e turchi non hanno lasciato nessuna traccia genetica nel sud Italia. La razza italiana è mediterranea ma è completamente diversa rispetto a popoli chiaramente inferiori come nordafricani e mediorientali, con i quali non si è in alcun modo mischiata. La razza semita, anche se vive in Italia da generazioni, non si è (mai e poi mai!) mischiata alla razza italiana: è assurdo, basta vedere la gran quantità di coppie “miste” e di “mezzi ebrei” schedati dal regime fascista.
Leggi antisemite e deportazione nei campi di sterminio
Queste e altri simili sciocchezze sono la base teorica che permette a Mussolini di emanare, nello stesso 1938, un gran numero di leggi antisemite che escludono gli Ebrei dalla maggior parte dei lavori, dalla scuola, dalle istituzioni e dall’esercito, che ordinano la requisizione dei loro beni e proprietà, che impediscono loro di sposarsi con italiani. Il re Vittorio Emanuele III non fa nulla per fermare Mussolini anche se, in qualche occasione, commenta a bassa voce che gli Ebrei gli fanno pena.
Per qualche anno la pressione psicologica ed economica sugli Ebrei è fortissima. È solo nel 1943 però, quando viene fondata la Repubblica di Salò di fatto amministrata dai Tedeschi con l’aiuto dei fascisti (vedi capitolo della scorsa serie), che cominciano le vere deportazioni: gli Ebrei vengono riuniti nel campo di Fossoli (Emilia Romagna) e da lì caricati sui treni diretti ad Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. I morti sono circa 7.000 e sono solo un migliaio i sopravvissuti ai campi di sterminio.
Link utili
Uno degli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento, Primo Levi, ha raccontato la sua esperienza in uno dei libri più famosi della letteratura italiana, “Se questo è un uomo”. Puoi trovare la versione integrale del libro qui:
https://laspada.altervista.org/wp-content/uploads/2018/05/levi_se_questo_e_un_uomo.pdf
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