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Il Biennio Rosso e la repressione dei Fasci Italiani di Combattimento (1919-1920)
Il Biennio Rosso
Nel dopoguerra l’Italia è in condizioni disastrose. Lo sforzo bellico ha stremato il paese e l’economia non riesce a riprendersi: il valore della lira è crollato e il popolo si è impoverito moltissimo. In più, l’episodio di Fiume (vedi capitolo 13) ha dimostrato che il governo italiano non è assolutamente capace di controllare le forze interne al paese.
In questo clima iniziano le rivolte e i violenti scioperi di operai e contadini, che durano per un paio d’anni (1919-1920) definiti “Biennio Rosso”. I lavoratori, ridotti alla fame, bloccano la produzione, oppure occupano fabbriche e campi, e li autogestiscono, quindi l’alta borghesia è terrorizzata da una possibile virata a Sinistra del paese. Se si impongono questi metodi di autogestione, il sindacalismo, la Sinistra radicale… i grandi proprietari terrieri e i ricchi industriali perderanno i propri privilegi! Capitalisti e benpensanti hanno paura delle possibili influenze dirette sull’Italia da parte dei Sovietici.
Il fascio littorio
È nel dopoguerra, proprio negli anni del Biennio Rosso, che a Milano nascono i Fasci Italiani di Combattimento, un movimento politico fondato da Benito Mussolini. Inizialmente è un fenomeno urbano ma, rapidamente, si estende alle campagne.
Il simbolo da cui il movimento prende il nome è il fascio littorio, che è già tutto un programma.
Il fascio littorio era, nell’Antica Roma, uno strumento che rappresentava il potere punitivo. Esso era un fascio di canne legate insieme ad una scure. Si trattava, in pratica, di un enorme bastone fatto di bastoni più piccoli e con una testa d’ascia. Con i bastoni più piccoli si potevano prendere a bastonate sulla schiena coloro che commettevano reati minori mentre, con l’ascia, si poteva direttamente tagliare la testa a chi commetteva reati gravi.
All’inizio sono soprattutto interventisti, reduci della Grande Guerra e studenti che si uniscono ai Fasci ma non ci sono moltissime adesioni. Tra loro usano il saluto romano, con il braccio teso, indossano camicie nere e si muovono in squadre d’azione e quindi vengono chiamati “camicie nere” o “squadristi”. Il loro obiettivo dichiarato è frenare (con la violenza) il bolscevismo, in pieno Biennio Rosso, e marciano cantando: “Siamo corrente elettrica, corrente molto forte, chi tocca un fascista, pericolo di morte”.
L’olio di ricino
Una delle tipiche punizioni usate dagli squadristi contro i nemici politici è la purga con l’olio di ricino, un potente lassativo. La vittima viene costretta a berne una gran quantità e, quasi immediatamente, ha una scarica di diarrea. I fascisti impediscono al torturato di togliersi i pantaloni e, poi, lo obbligano ad andare in giro con i pantaloni sporchi dei propri escrementi.
La paura dei comunisti e l’appoggio ai fascisti
I borghesi, i ricchi imprenditori, la classe dirigente e molti uomini politici di diversi schieramenti vedono i Fasci come una maniera di evitare il pericolo socialista e il bolscevismo. Perciò, anche se sono una forza non ufficiale che compie gravi azioni illegali, le violente squadre d’azione di Mussolini vengono lasciate scorrazzare e reprimere le rivolte dei lavoratori.
Giolitti, che a quel tempo è al governo, come sempre non vuole intervenire sugli operai e i contadini manifestanti (era stato lui, qualche anno prima, a concedere il diritto di sciopero. Vedi capitolo 6). Però non gli dispiace per nulla che i “rossi” vengano spaventati e tenuti sotto controllo dalle botte, dalle bastonate e dalle coltellate dei fascisti. Anzi, alle elezioni del 1921, Giolitti si presenta con un nuovo alleato politico, il Partito Nazionale Fascista (PNF) appena fondato da Mussolini. Giolitti è sicuro di poterlo controllare e usare per i propri scopi. Non immagina che, solo cinque anni dopo, il PNF diventerà l’unico partito ammesso in Italia.
Link utili
Se vuoi conoscere meglio la simbologia fascista e la sua connessione con l’Antica Roma, leggi qui: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Simbologia_fascista
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