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Il nuovo e complicato Regno d’Italia
Lo stato neonato
Nel 1861 muore, improvvisamente, il conte di Cavour. Il re Vittorio Emanuele si trova a dover gestire il neonato Regno d’Italia da solo.
Soprattutto all’inizio, il re e i nuovi governi di Destra, lo trattano come la versione allargata del vecchio Regno di Sardegna e Piemonte, imponendo le norme del regno piemontese a tutti i nuovi territori d’Italia. Poi aumentano le tasse per le classi sociali più basse e, nel 1866, fanno guerra all’Austria, riuscendo a conquistare il Veneto. Solo Trento e Trieste rimangono ancora in mano agli Austriaci (e ci rimarranno fino alla Prima Guerra Mondiale).
La questione meridionale
Il sud della penisola, prima della liberazione da parte di Garibaldi, è stato mantenuto nell’arretratezza dal governo dei Borbone per secoli. È quindi una realtà molto diversa rispetto al Piemonte, invece proiettato verso la modernità dalle riforme di Cavour.
Napoli, la Puglia, la Calabria e la Sicilia hanno un’economia agricola di tipo ancora feudale, tassi di malnutrizione e mortalità infantile altissimi e quasi tutta la popolazione è analfabeta e parla solo in dialetto. Insomma, a livello sociale ed economico, nel 1861 vi è una grande differenza tra nord e sud, e gli storici si riferiscono a ciò con l’espressione “la questione meridionale”. Bisogna dire che, in parte, la differenza tra il settentrione (cioè il nord) e il meridione (ovvero il sud) si conserva ancora oggi nel nostro paese.
I briganti nel sud
La situazione per il sud Italia non è facile, e le grandi speranze e aspettative che i meridionali hanno nei confronti dell’unità vengono deluse: i piemontesi tassano i beni di prima necessità e non favoriscono lo sviluppo delle campagne. In effetti, l’atteggiamento del governo è quasi colonialista nei confronti del sud della penisola e il popolo meridionale scatena sommosse e rivolte. Aumenta il numero dei briganti, spesso criminali, estremisti che si oppongono al governo, ex soldati dell’esercito borbonico ma anche, molto spesso, persone ridotte alla fame. Questi fuorilegge, che non pagano le tasse, vivono nei boschi, sulle montagne e nell’entroterra, in zone impenetrabili per chi non ci è cresciuto e, spesso, fanno razzie nei paesi, saccheggiano le case dei grandi proprietari e anche dei modesti contadini, o assaltano i carichi di merce.
Quando il numero dei briganti è fuori controllo, il re manda l’esercito nel sud per reprimere il fenomeno. I paesini, già saccheggiati dai briganti, vengono così saccheggiati e devastati una seconda volta dalle truppe reali. Queste fucilano a decine gli abitanti che considerano, spesso sbagliandosi, complici dei briganti.
Il popolo del sud comincia a odiare il governo e il suo atteggiamento repressivo, e non si sente rappresentato dalle istituzioni italiane. Di fatto, ancora oggi le grandi organizzazioni criminali trovano terreno fertile nelle zone abbandonate o trascurate dallo Stato. E secondo alcune interpretazioni, il brigantaggio è stato l’origine delle mafie del sud Italia.
In questa prima fase dell’unità comincia un altro fenomeno che esiste ai giorni nostri: la massiccia emigrazione dal sud verso le grandi città del nord Italia o verso altri paesi, con l’obiettivo di migliorare le proprie condizioni economiche e di vita.
Link utili
Se vuoi saperne di più sulla questione meridionale, leggi qui:
https://www.treccani.it/enciclopedia/questione-meridionale_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
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